Lévi-Strauss: natura e cultura: ANTRO.

                           Lévi-Strauss


Per capire Lévi-Strauss dobbiamo partire dalla linguistica strutturale ,secondo la quale

una lingua è un sistema di segni che non sono le parole in quanto tali ma le unità fonetiche che le compongono: per esempio, ma e pa sono due di queste unità; vanno a formare significati diversi e per certi aspetti opposti: «madre» e «padre».







Una lingua è una struttura in quanto i suoi elementi (suoni, parole ecc.) non hanno valore al di fuori delle relazioni che esistono fra loro.








Dalla linguistica «strutturale» Lévi-Strauss ricavò due idee fondamentali. 

-La prima idea è che la cultura può essere considerata come composta di una serie di segni elementari che, combinandosi diversamente tra loro, danno origine a significati di volta in volte diversi. esempio: i miti, dove gli stessi personaggi interpretano, magari sotto più nomi aspetti, ruoli che mutano a seconda della storia e delle sue esigenze.

 -La seconda idea è che la cultura, si compone di un numero limitato (cioè non

infinito) di segni, che possono dare luogo a un numero finito, per quanto assai elevato, di combinazioni.




Per Lévi-Strauss la cultura è tutto ciò che è fatto dagli esseri umani e che costituisce il mondo entro il quale essi vivono normalmente.






Lévi-Strauss colloca il  passaggio dalla natura alla cultura in un tempo coincidente con la comparsa del linguaggio e con la proibizione (o tabi) dell'incesto: ovvero divieto delle unioni sessuali e matrimoniali tra categorie specifiche di individui.





È insomma questa sua 'doppia faccia', quella di essere naturale e al tempo stesso culturale ciò che fa della proibizione dell'incesto il punto di passaggio dalla natura alla cultura. 




Lévi-Strauss distingue tra società calde e società fredde:


-Le società «calde», come l'europea, la cinese, l'araba, l'indiana ecc, utilizzano per poter funzionare, forme di disparità sociale , che definiscono i conflitti nella storia . 


-All'opposto, le società «fredde», cioè quelle cosiddette «primitive» . Formate da poche disigualianze che stabilisce l'armonia.




La nuova idea di cultura che si affermò in Gran Bretagna durante gli anni Sessanta era un luogo di incontro, scontro ed disputa dibattito per l'affermazione di idee e diritti da parte dei diversi gruppi sociali.



Una svolta nella discussione sul concetto di cultura è rappresentata dalla cosiddetta antropologia simbolica. L'antropologia simbolica si affermò soprattutto negli Stati Uniti, da un esponente importante Clifford Geertz(1926-2006).




Geertz ha concepito il lavoro dell'antropologo come una continua interpretazione di ciò che dicono e pensano i suoi interlocutori.

Per Geertz una cultura è un insieme di simboli che prendono vita nello scambio comunicativo.







Questi due elementi, Sono all'origine del mutamento culturale :

-mobilità dei simboli ovvero i diversi contesti del loro uso, i significati molteplici fa sì che non rimangano sempre uguali ma cambiano nel tempo.

-incontro tra i simboli provenienti da cultura diverse.











Arjun Appadurai (1949) , figura l'antropologo statunitense di origine indiana.


Allo scopo di individuare gli aspetti del mondo contemporaneo su cui è possibile condurre un'analisi «culturale», Appadurai ha coniato espressioni come «etno-rama», «medio-rama» e «ideo-rama» per riferirsi a: 

1) i nuovi paesaggi' umani che si creano per effetto dello spostamento di popolazioni nelle varie parti del pianeta: migranti, rifugiati, turisti, espatriati per motivi di lavoro o di studio ecc. («etno-rama»);

 

2) i flussi di immagini e informazioni generati dai media che creano nuovi immaginari in persone appartenenti ad ambiti culturali diversi («medio-rama»); 


3) le idee che, grazie ai media e agli spostamenti di esseri umani, viaggiano da un capo all'altro del mondo, incontrandosi con le tradizioni locali e dando origine a nuovi modi di intendere quelle stesse idee, come per esempio libertà, democrazia, sessualità ecc. («ideo-rama»). 



In una prospettiva per certi aspetti

Simile a quella di Appadurai si pone l'antropologo francese Marc Augé (1935).






Augé studia come le culture contemporanee riformulano alcuni dei loro fondamenti alla luce di ciò che egli chiama «surmodernità». Con questo termine, che allude a una modernità 'in eccesso'.

Augé vuole indicare tre fenomeni del nostro tempo: 

1) l'accelerazione della storia,

2) il restringimento dello spazio,

3) individualizzazione dei destini.




Secondo Augé questi fenomeni sono effetto rispettivamente di :

a) un 'troppo' di eventi di cui siamo quotidianamente informati dai media e che rende la

storia difficilmente pensabile; 


b) un eccesso di immagini che tendono a ridurre a noi, in quanto soggetti singoli, lo spazio del mondo; 


c) una quantità tale di riferimenti individuali (individualismo) che si traduce in una 'solitudine' dell'individuo.




Un mondo in trasformazione Augé, antropologo con una lunga esperienza di ricerca in Africa occidentale, ritiene che oggi le società europee e nordamericane stiano vivendo, benché in misura molto meno traumatica, ciò che i popoli africani sperimentarono alcuni secoli prima con la colonizzazione: cambiamenti improvvisi, le religioni tradizionali affiancate se non sostituite da un'altra religione, contatto con stranieri portatori di idee e comportamenti

all'inizio incomprensibili. 




Nella prospettiva di Augé l'antropologia si presenta come una chiave di interpretazione del nostro mondo contemporaneo attraverso l'esperienza degli altri. L'antropologia mantiene così, rinnovata, la sua vocazione di «studio del genere umano».












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