Geni, lingue e culture: ANTRO.

     UNA GRANDE VARIETA'N  DI ASPETTI ,                         LINGUE E CULTURE









Ciò che ci distingue e ciò che ci accomuna , la varietà che caratterizza l'umanità attuale resta assai grande.



-Sul piano fisico, gli esseri umani si differenziano per la statura, il colore della pelle e degli occhi, la forma di questi ultimi, la consistenza e il colore dei capelli e i tratti del volto.

-A livello linguistico, la varietà umana si esprime in almeno cinquemila lingue parlate oggi nel mondo e in un numero infinitamente superiore di lingue locali chiamate «dialetti».

-Sul piano culturale, infine, abbiamo una grande varietà di comportamenti e di idee, e questa varietà riguarda persino quanti condividono gli stessi modelli culturali.

-Accanto a questa grande varietà abbiamo però elementi di forte unità.





Quelle che sembrano essere a prima vista le differenze maggiori tra i diversi soggetti umani, cioè le diversità d'aspetto, clero in realtà, proprio quelle più superficiali. Le ossa di un individuo, come

del resto il suo cranio, potranno per esempio rivelare molte cose.: malattie contratte in vita, il tipo di nutrizione, ma non potranno ma rivelarci con sicurezza se quello stesso individuo fosse un nero o un bianco un asiatico, se i suoi capelli fossero biondi e lisci o ricci e neri, se i suoi occhi fossero a mandorla oppure no, chiari oppure scuri.






L'unico tipo di analisi che possa dire oggi qualcosa di scientificamente valido sulle differenze tra i gruppi umani è quella che si fonda sull'esame del codice genetico, o DNA, e dei suoi componenti di base, i geni. I geni sono i portatori delle 'informazioni' che sono alla base dello sviluppo del nostro organismo e che si trasmettono, pur con delle variazioni significative, da una generazione all'altra.

Le ricerche di genetica compiute alcuni anni fa nell'Università statunitense di Stanford da un gruppo di scienziati diretti dal genetista italiano Luigi Luca Cavalli-Sforza (1922) hanno confermato le teorie sull'unità della specie umana che erano già state avanzate nel corso del Settecento.

 




I nostri diretti antenati, originari dell'Africa orientale, dapprima si diffusero in tutto il continente africano, poi si spinsero nel Vicino Oriente, da dove popolarono l'Asia e l'Europa. Dall'Asia sud-orientale raggiunsero la Nuova Guinea e l'Australia (dunque impararono anche a navigare), mentre la glaciazione di 20.000 anni fa facilitò il passaggio, attraverso lo stretto di Bering, dalla Siberia all'Alaska e da lì alle Americhe.


Distanza e vicinanza genetica Un'altra conferma che proviene dalle ricerche dei genetisti è che sul piano genetico due individui ritenuti normalmente appartenenti allo stesso gruppo (per esempio, due 'bianchi, due 'gialli' ecc.) presentano differenze genetiche statisticamente sei-sette volte superiori a

quelle rilevabili tra due individui scelti a caso tra tutte le popolazioni del pianeta.




Per fare un esempio: come mai, sul piano genetico, un abitante di Roma e uno di Torino possono essere tra loro più lontani di quanto non lo siano da un abitante della Nuova Guinea? La ragione è che vi sono alcuni elementi del DNA che sono più antichi di altri. E che questi elementi si sono sparpagliati in seguito alle migrazioni più antiche. Cosi, un abitante di Roma o di Torino può avere ereditato dai nostri predecessori alcuni elementi del DINA che sono gli stessi di un abitante del Tibet. Mentre un altro abitante di Roma o di Torino potrebbe avere nel suo DNA gli stessi elementi presenti nel DNA

di qualche Inuit della Groenlandia.

C'è sempre, insomma, la possibilità che ciascuno di voi possa assomigliare, sul piano genetico e non per l'aspetto, più a un indigeno della Nuova Guinea che al suo compagno o compagna di banco.





Queste scoperte confermano che non è possibile parlare di «razze umane». Gli studiosi hanno d'altra parte già dimostrato da tempo che non si può, nel caso degli esseri umani, parlare di razze come nel caso dei cani e dei cavalli. Infatti, nel caso dell'uomo non esiste alcun criterio che consenta di individuare delle razze sulla base di criteri scientifici. La ragione di ciò è molto semplice.

Ma nella specie umana tutto questo non e avvenuto, sebbene l'idea di creare una razza superiore facendo accoppiare individui con determinate caratteristiche (alti, biondi, belli e con gli occhi azzurri) sia stata, tra il 1930 e Il 1945, il sogno di alcuni scienziati nazisti.




Quante sono le razze? I tentativi di classificare l'umanità in razze hanno d'altra parte visto fissare il loro numero tra un estremo di tre e l'altro di sessanta. L'enorme differenza fra i due estremi, che può destare stupore, dipende dal fatto che i criteri utilizzati per tali classificazioni, prevalentemente

basati sull'aspetto fisico, erano scientificamente infondati.




In una classificazione minima, per esempio, gli europei sono assimilati agli asiatici e contrapposti agli africani, da un lato, e agli australiani, dall'altro. Come se europei, indiani, cinesi, da una parte, fossero una razza distinta rispetto a tutti i neri della Terra e agli aborigeni australiani, dall'altra.

In una classificazione massima, invece, gli italiani potrebbero essere considerati una razza a sé stante diversa dai francesi; i siciliani come appartenenti a una razza diversa dai toscani; i bolognesi come una razza diversa dai modenesi e cosi via…




Nel caso degli esseri umani, dunque, la «razza» solo una costruzione culturale. Ciò è evidente se consideriamo, per esempio, gli Stati Uniti e il Brasile di oggi.



Negli Stati Uniti i gruppi razziali sono ufficialmente riconosciuti per distinguere i bianchi dai neri, i neri dai nativi (i nativi sono i discendenti dei popoli che abitavano li prima dell'arrivo degli europei), i nativi dagli asiatici immigrati o nati negli USA ecc. In questo Paese un individuo non è 'classificato però

sulla base del suo aspetto ma in relazione ai suoi ascendenti (genitori, nonni ecc.), anche se è libero di dichiararsi di ascendenza mista. Così una persona può essere «bianca» oppure «nera» a seconda che i suoi genitori, nonni, bisnonni ecc. siano considerati a loro volta «bianchi», «neri», «asiatici» ecc.


In Brasile, invece, vale il contrario: un individuo appartiene a un tipo sulla base del suo aspetto. Se per esempio una persona è bianca d'aspetto, è branca («bianca»), indipendentemente dal fatto che i suoi ascendenti fossero neri, bianchi o morenos, cioè bruni di carnagione. E invece preto, «nero», per le

stesse ragioni. Cosi la stessa persona che negli Stati Uniti è «nera» può essere «bianca» in Brasile e viceversa.



Le conseguenze del razzismo In conclusione: non è possibile tracciare distinzioni nette tra gruppi umani sulla base delle caratteristiche fisiche degli individui. Se potessimo osservare con un solo colpo d'occhio tutti i tipi umani presenti sulla superficie del globo, ci accorgeremmo, per esempio,

che da nord e sud e da est a ovest tali caratteristiche cambiano sfumando lentamente le une nelle altre.



La cosa più corretta che si possa dire a proposito della nozione di «razza umana» è che questa nozione, oltre a costituire un prodotto del senso comune (tondato sulle apparenze), è il veicolo di stereotipi, cioè di giudizi diffusi e accettati ma privi di valore e di fondamento.

Questi giudizi sono sempre connessi a diffidenza, pregiudizio, etnocentrismo e forme di xenofobia.


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