Gli effetti dell'istituzionalizzazione: i ruoli e le posizioni: SOCIO.

                   I modelli di comportamento               



Ma qual è il modo in cui le istituzioni si manifestano all'individuo nella sua esistenza? In che modo diventano "visibili" per noi?


Prendiamo per esempio il codice della strada. Esso è un insieme di norme che tutti coloro che percorrono o attraversano una strada pubblica devono rispettare.





Ma quanti di noi hanno potuto realmente "vederlo" e "toccarlo"?

Il codice della strada è per noi privo di consistenza fisica. Non lo incontriamo fermo al semaforo o parcheggiato sul bordo della strada, né è una visione mistica che ci ingiunge cosa dobbiamo fare, o che ci ammonisce se stiamo sbagliando. Non è nemmeno un libro che si possa comprare, poiché

il libro è, piuttosto, il suo contenitore. Esso è invece un insieme astratto di norme che noi possiamo

"vedere" in concreto solo nel comportamento delle persone, e in particolare nel comportamento di quanti stanno svolgendo uno specifico ruolo nell'ambito di quell'istituzione sociale che è il codice

della strada.



In sintesi, sono i comportamenti delle persone che rappresentano le istituzioni e ce le rendono visibili.


Questo è possibile perché le istituzioni sociali, grazie alla loro forza coercitiva, creano dei modelli di comportamento a cui gli individui difficilmente possono sottrarsi.




Il vigile non ci multa perché gli siamo antipatici, ma perché sta svolgendo il ruolo di vigile, dunque di colui che deve far rispettare le norme del codice. L'automobilista non guida tenendo la destra perché così più gli aggrada, ma perché sta ricoprendo il ruolo di automobilista e questo ruolo prevede che si guidi tenendo la destra.






Certo altri fattori contribuiscono a determinare il suo comportamento. Egli è consapevole, per esempio, che guidare sulla sinistra è pericoloso, tuttavia si tiene solitamente sulla destra anche quando percorre un lungo rettilineo e può essere sicuro che nessuna automobile stia sopraggiungendo dall'altra parte e che nessun vigile lo stia osservando. Nel far questo, in un certo senso "interpreta la parte" dell'automobilista corretto: svolge un ruolo all'interno della società.




Spesso la posizione sociale è chiamata anche status di un individuo.


L'istituzionalizzazione dei rapporti sociali crea delle posizioni all'interno della società, ossia dei "po-

sti sociali" cui si collegano determinate "cose da fare".


In una società si possono riconoscere innumerevoli posizioni. Il portiere dello stabile in cui abitiamo,

il conducente di autobus, l'insegnante, il vigile, il presidente della Repubblica che abbiamo citato nei nostri esempi occupano appunto altrettante posizioni sociali. A ognuna di esse competono certe azioni e non altre; ciascuna posizione provoca poi negli altri individui certe aspettative sul comportamento

di chi si trova a occuparla, Insomma, se ciascuna posizione contempla certe "cose da fare", gli altri si aspettano che quelle cose siano fatte sul serio.






L'esistenza di posizioni implica naturalmente la possibilità che esse vengano occupate. Mentre l'individualità di ciascuno è strettamente personale (io non potrò mai diventare il mio amico Pietro, né lui potrà diventare me), una posizione può essere, almeno in teoria, occupata da chiunque (posso sempre diventare un vigile), purché chi la occupa risponda ad alcuni requisiti minimali. È chiaro che le caratteristiche necessarie per diventare dei vigili non sono le stesse che occorrono per diventare madri o pugili, sicché non tutti possono fare tutto nella vita. Ma chi quei requisiti li possiede può, in linea di principio, concorrere a occupare quella posizione.



Occupare una posizione significa dunque avere delle "cose da fare": compiti da assolvere, comportamenti cui attenersi, relazioni da coltivare, aspettative da soddisfare ecc.



Chiunque occupi una certa posizione sociale svolge un ruolo ben definito che consiste in cose da fare e cose da non fare e che non dipende dalla persona ma dalla posizione. Chiunque occupi quella posizione svolgerà quel ruolo, mentre chi abbandona una certa posizione abbandonerà anche il ruolo a essa collegato.


Il nostro agire nella società non è mai puramente spontaneo o volontario, ma è sempre dettato

anche dal ruolo che ricopriamo . Perciò quando, come sociologi, osserviamo il comportamento degli

individui nella società, dobbiamo sempre chiederci non solo chi sia colui che sta agendo, cioè quali siano la sua personalità e la sua storia individuale, ma anche quale posizione occupi e quale ruolo svolga nel contesto delle forme sociali istituzionalizzate.








Questo non per classificare e ridurre

semplicemente gli individui alla loro posizione sociale, ma perché ciascun individuo, per come ci si presenta, "deriva" anche dal posto che occupa, più o meno consapevolmente, nella società; questa appartenenza non è di poco conto, tutt'altro: infatti contribuisce a determinarne gli atteggiamenti e il comportamento. Allo stesso modo si comportano peraltro le organizzazioni sociali nei nostri confronti quando, nei moduli da compilare, ci chiedono di indicare il titolo di studio, la professione, lo stato civile.




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