L’Illuminismo ed empirismo: PEDA.

            L’Illuminismo ed empirismo


Nel 700 ebbe luogo un intenso dibattito sui metodi e sui fini dell'educazione e dell'istruzione. Questo dibattito determinò il ripensamento di molte delle pratiche fino ad allora impiegate nell' allevamento e nell'educazione dei figli all'interno delle famiglie.


Si trattò di un processo che contribuì al superamento delle teorie e le pratiche pedagogiche tipiche dell'Antico Regime.


Tuttavia, è proprio negli studi relativi alle capacità intellettive dell'uomo e nelle riforme scolastiche della seconda metà del XVIII secolo che vanno ricercate alcune spinte decisive verso le moderne teorie e prassi pedagogiche.


Uno dei fattori che portarono al ripensamento dei compiti e delle finalità dell'educazione fu senz'altro l'affermarsi di una diversa concezione delle facoltà cognitive dell'uomo, che ebbe tra i suoi ispiratori John Locke .






Nel Settecento si fece largo, infatti, una nuova idea del funzionamento della mente e delle capacità

di apprendimento.


Le pionieristiche ricerche sull'origine e sullo sviluppo delle idee di David Hyme (Ricerca sull'intelletto umano, 1748), Étienne Bonnot de Condillac (Saggio sull'origine delle conoscenze umane, 1746; Trattato sulle sensazioni, 1754) e Denis Diderot (Lettera sui ciechi, per quelli che ci vedono, 1749), oltre a quelle altrettanto pionieristiche di Locke (Saggio sull'intelletto umano, 1690), misero definitiva-

mente in crisi la tradizionale teoria dall'innatismo, secondo cui l'uomo sarebbe nato con alcune idee già impresse nella mente, tra le quali la più importante era senz'altro quella di Dio.


Per questo, il compito fondamentale dell'educazione, era quello di risvegliare tale idea con lo studio della religione, al fine di condurre il bambino sulla strada della salvezza eterna.


La migliore conoscenza dei processi mentali dell'essere umano portò a individuare l'origine della conoscenza nell'esperienza e nelle capacità sensoriali e intellettive dell'individuo. Da qui nacque la corrente filosofica nota come empirismo, secondo la quale l'uomo, oltre a non possedere alcuna idea

innata, per crescere e svilupparsi ha bisogno di poter conoscere il mondo per mezzo dell'esperienza.





Vista, tatto, udito, gusto e olfatto, infatti, non rappresentano altro che le estreme propaggini del sistema nervoso centrale, attraverso il quale l'uomo rielabora gli stimoli ricevuti dall'ambiente estero

e interagisce con esso e con i suoi simili.




Il contributo degli studi medici  migliorarono la conoscenza dei processi cognitivi dell'uomo, oltre a quello della filosofia: attraverso le indagini di Simon-André Tissot, Jacques Ballexserd, Gerard van Swieten e Herman Boerhaave, la medicina diede ulteriore impulso agli studi sull'uomo e sui suoi meccanismi fisiologici (che cioè riguardano il funzionamento degli organi) e psichici.





Per la prima volta divenne chiara a tutti la differenza, tra adulto e bambino, e l'infanzia fu riconosciuta come un’ età con prerogative peculiari, diverse da quelle tipiche delle fasi successive della vita.

Così, mentre la medicina infantile, antenata della moderna pediatria, si concentrava sullo studio delle caratteristiche degli infanti, la psicologia, intesa come branca della filosofia si occupava della psiche, cominciava a considerare il bambino come una tabula rasa, ovvero in quanto essere dotato

unicamente dei sensi per conoscere il mondo e privo di qualunque idea innata.






Il neonato, veniva al mondo senza alcuna conoscenza, dotato dei sensi e della ragione , pronto

ad apprendere, aveva bisogno di imparare a servirsi degli uni e dell'altra per crescere e integrarsi con i suoi simili.

L'infanzia cominciò, così, a essere pensata non più come un'età imperfetta, destinata

all'apprendimento, data la grande facilità di assimilare nuovi stimoli che tutti i bambini posseggono nei primi anni della loro esistenza. Per questo motivo essa divenne, per lo meno tra i ceti sociali più elevati; oggetto di attenzioni e cure nuove da parte degli adulti.

Se il bambino non veniva più pensato come un adulto incompleto e debole, 'infanzia diventava una tappa fondamentale nello sviluppo di un individuo, a cui doveva essere permesso sia di crescere in modo sano sia di intestarsi nel suo contesto sociale, offrendo il proprio contributo al miglioramento

della sua vita e di quelle dei suoi simili.

La tutela della salute dei bambini costituiva la migliore garanzia per la sopravvivenza, tutt'altro che scontata in una fase storica in cui la mortalità infantile rimaneva elevatissima, oltre che il fondamento di ogni educazione.










Per educazione intellettuale si intendevano all'epoca i contenuti specifici dell'istruzione.

Nei collegi i piani di studio e le modalità di insegnamento erano rimasti pressoché gli stessi dal Cinquecento. Non che fossero mancate le proposte di riforma anche da parte di coloro che tutti i giorni vivevano all'interno delle scuole rette dagli ordini religiosi, ovvero gli insegnanti, ma esse si erano scontrate con la resistenza delle gerarchie ecclesiastiche, prima ancora che dei governi. Per

questo motivo, i professori normalmente si limitavano ad adottare il modello didattico tradizionale e le scuole fornivano spesso una preparazione

talora poco utile sul piano pratico agli studenti, tra cui non si annoveravano più solo i figli delle famiglie aristocratiche, ma anche i futuri mercanti, medici, avvocati, che necessitavano di una formazione più specifica.






Il latino

A livello di istruzione secondaria, il latino continuò, invece, a rappresentare la materia più importante, oltre che la lingua di comunicazione per eccellenza.

Le discipline umanistiche, come la retorica e la grammatica, conservarono un peso maggiore rispetto alle scienze esatte, che furono inserite tardivamente nei piani di studio dei collegi.

Inoltre, i programmi scientifici erano vagliati rigidamente al fine di evitare qualunque contaminazione di teorie reputate poco ortodosse, tra cui quelle dello scienziato Isaac Newton (1642-1727), che aveva individuato una serie di leggi (sulla gravità, sul moto dei pianeti ecc.) in contrasto con quanto sostenuto dalle teorie fisiche e cosmologiche dell'epoca.





Base di tutta l'istruzione, da quella elementare sino all'università, rimaneva la religione, considerata il fondamento di ogni forma di conoscenza, oltre che la garanzia che insegnanti e studenti fossero in possesso della moralità necessaria a maneggiare saperi potenzialmente "pericolosi", se affidati a persone prive di scrupoli.






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